Stupido bar
Sono seduto davanti alla finestra di questo bar
Intanto che fuori il pomeriggio cade rotolando
Come un gomitolo di lana
Un pomeriggio che scivola come la goccia da una foglia nuova
Che traballa e ondeggia come un gregge dalla montagna
La mia immagine trasecola
Attraverso il riflesso lucido del vetro
Dove fuori nel dehor un po' di vento
Alza le tovaglie in strane pieghe
Mi godo il naufragio e l'assenza
Senza scorciatoie in quest'aria gonfia
Di un pomeriggio di passaggio
Imprigionato sull'orlo cucito di un vestito largo
Imbrigliato nella rete di una telefonata
Immobile tra i binari di un chicco dimenticato
Sul bordo di uno spremi agrumi
Inciampo tra questi ingranaggi
Ingravidati della vita che ci sgravida
Come un calcolo al fegato
Il gusto di vino che rimane dopo una sorsata
Un moscerino in un bicchiere
Un coltello lasciato in disparte dalle Posate
Il flusso e la frana di un cucchiaino
Girato in un caffè
Mastico la bufera la grandine la direzione
Che va sul fondo di questo ultimo pomeriggio d'estate,
Affrontiamo la distanza dei giorni gonfi come il torpore,
Dal mio oblò intravedo già la prima
Stella che lustrerà il cielo da qui a poche ore
E sento la trivella
Questa grande trivella che ci inghiotte fradici
Come stracci sporchi
Sono il pulviscolo luccicante in un brandello di ultimo sole
Che taglia le stanze e vampa
In questo stupido bar
Intanto che fuori il pomeriggio cade rotolando
Come un gomitolo di lana
Un pomeriggio che scivola come la goccia da una foglia nuova
Che traballa e ondeggia come un gregge dalla montagna
La mia immagine trasecola
Attraverso il riflesso lucido del vetro
Dove fuori nel dehor un po' di vento
Alza le tovaglie in strane pieghe
Mi godo il naufragio e l'assenza
Senza scorciatoie in quest'aria gonfia
Di un pomeriggio di passaggio
Imprigionato sull'orlo cucito di un vestito largo
Imbrigliato nella rete di una telefonata
Immobile tra i binari di un chicco dimenticato
Sul bordo di uno spremi agrumi
Inciampo tra questi ingranaggi
Ingravidati della vita che ci sgravida
Come un calcolo al fegato
Il gusto di vino che rimane dopo una sorsata
Un moscerino in un bicchiere
Un coltello lasciato in disparte dalle Posate
Il flusso e la frana di un cucchiaino
Girato in un caffè
Mastico la bufera la grandine la direzione
Che va sul fondo di questo ultimo pomeriggio d'estate,
Affrontiamo la distanza dei giorni gonfi come il torpore,
Dal mio oblò intravedo già la prima
Stella che lustrerà il cielo da qui a poche ore
E sento la trivella
Questa grande trivella che ci inghiotte fradici
Come stracci sporchi
Sono il pulviscolo luccicante in un brandello di ultimo sole
Che taglia le stanze e vampa
In questo stupido bar
Credits
Writer(s): Federico Raviolo
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