20 Mila leghe (in fondo del mare)
Il primo fu Capo di Buona Speranza
Chiuso per legge e decreto speciale
Che la smettessero le onde pacifiche
D'imbastardire quell'altro mare
Poi fu la volta di Panama e Suez
E quindi del Bosforo e di Gibilterra
Ogni maroso pretese il rispetto
Della sovrana indipendenza
Niente più scambi di acque e di pesci
Niente più giri del mondo in veliero
Tutti i canali rimasero chiusi
A qualunque passaggio di flutto straniero
Così per un poco tornarono chete
Le acque dei mari di tutto il pianeta
Ma non durò molto che un'onda riprese
A dir ch'era tempo di farla finita
Successe che un giorno nel mare nostrano
Lo Jonio pretese di stare da solo
E così vollero pure il Tirreno
Il mar di Sardegna e l'Adriatico al volo
Insomma, "nessuno si mischi a nessuno"
Tuonavan le acque dei bassi fondali
"Ognuna rimanga ancorata ai suoi porti
E bagni soltanto le sabbie natali"
Sembrava la fine, ma era solo l'inizio
E anche cosi fu ben brutto vedere
In quel che era stata la grande distesa
Lo strazio dei fossi a dividere il mare
Era solo l'inizio, come già si diceva
Perché adesso la febbre secessionista
Andava ammalando ogni singola riva
E niente e nessuno riusciva a dir basta
Così da Trieste alla punta pugliese
E dalla Sicilia alla Costa del Sole
Ogni più piccola cala pretese
L'indipendenza e non solo a parole
Ma, ma la questione divenne barbina
Quando si presero goccia con goccia
E ognuna, guardando la propria vicina
Diceva: "Vai via o ti rompo la faccia"
Il mare fu presto una grande rugiada
Inutile ai pesci e a qualunque creatura
Morirono il tonno, l'acciuga, lo spada
Restarono in secca le barche d'altura
E poi e poi un giorno, o una notte, non so
Accadde qualcosa di ancora più strano
Conoscete la formula H2O?
Sì, quella dell'acqua, che tutti sappiamo
Ebbene, l'idrogeno trovo da ridire
Sostenne di avere la maggioranza
E quindi il diritto sovrano di ambire
All'ormai sacrosanta indipendenza
E ci fu come un vento, un soffio infinito
E l'acqua dei mari s'invaporo in cielo
Rimase un deserto di sale e granito
Ma buio e profondo, più nero del nero
Chiuso per legge e decreto speciale
Che la smettessero le onde pacifiche
D'imbastardire quell'altro mare
Poi fu la volta di Panama e Suez
E quindi del Bosforo e di Gibilterra
Ogni maroso pretese il rispetto
Della sovrana indipendenza
Niente più scambi di acque e di pesci
Niente più giri del mondo in veliero
Tutti i canali rimasero chiusi
A qualunque passaggio di flutto straniero
Così per un poco tornarono chete
Le acque dei mari di tutto il pianeta
Ma non durò molto che un'onda riprese
A dir ch'era tempo di farla finita
Successe che un giorno nel mare nostrano
Lo Jonio pretese di stare da solo
E così vollero pure il Tirreno
Il mar di Sardegna e l'Adriatico al volo
Insomma, "nessuno si mischi a nessuno"
Tuonavan le acque dei bassi fondali
"Ognuna rimanga ancorata ai suoi porti
E bagni soltanto le sabbie natali"
Sembrava la fine, ma era solo l'inizio
E anche cosi fu ben brutto vedere
In quel che era stata la grande distesa
Lo strazio dei fossi a dividere il mare
Era solo l'inizio, come già si diceva
Perché adesso la febbre secessionista
Andava ammalando ogni singola riva
E niente e nessuno riusciva a dir basta
Così da Trieste alla punta pugliese
E dalla Sicilia alla Costa del Sole
Ogni più piccola cala pretese
L'indipendenza e non solo a parole
Ma, ma la questione divenne barbina
Quando si presero goccia con goccia
E ognuna, guardando la propria vicina
Diceva: "Vai via o ti rompo la faccia"
Il mare fu presto una grande rugiada
Inutile ai pesci e a qualunque creatura
Morirono il tonno, l'acciuga, lo spada
Restarono in secca le barche d'altura
E poi e poi un giorno, o una notte, non so
Accadde qualcosa di ancora più strano
Conoscete la formula H2O?
Sì, quella dell'acqua, che tutti sappiamo
Ebbene, l'idrogeno trovo da ridire
Sostenne di avere la maggioranza
E quindi il diritto sovrano di ambire
All'ormai sacrosanta indipendenza
E ci fu come un vento, un soffio infinito
E l'acqua dei mari s'invaporo in cielo
Rimase un deserto di sale e granito
Ma buio e profondo, più nero del nero
Credits
Writer(s): Giovanni Maria Testa
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