Un gabbiano

A bordo pista in un giorno memorabile
Il moto del vento è un illuminista
Moderato, ha cambiato il mondo in silenzio
E di questo approfittano le tavole scivolando su di un mare freddo
E io distante fermo, sulle scale di un locale fremo
Alle spalle lampade al neon strappano il nero dalle sale e dalle strade
In cui nemmeno sembra sia estate

In più oggi non vedo il sole tanto meno il sale
Per le vie statiche, a un palmo dalle mie scarpe due caviglie scarne
Arrivate davvero al confine labile e
La bile sale, ero con le pile scariche
E tu come un neo tra le donne da sole al bancone perché
Risaltavi tra le scapole col volto di una non proprio adescabile
E lo sguardo di chi non vuole un altro tra le scatole

Questa tisana mi sana dal male e mi rende abile, ma nel procrastinare
Ora vorrei la distanza ridotta, davanti il mare e andare di corsa
Ad attaccarmi alla tua vita come una gonna
E alla tua bocca come una gomma da masticare

Imprimerei questo cielo da cento e lode nella celluloide
Per trasmettere il regresso ed apprendere dappresso
Che il mezzo con cui fino ad ora ho trasmesso ad altri
A tratti potrebbe ancora accendere me stesso
Penso questo durante l'ultimo frammento di buio
Ma poi mi ricredo, d'altronde sarebbe un'idea ridicola, senza successo
Porre in una pellicola un cielo già coperto di suo

Così esco e m'incammino per una passeggiata con la faccia frastornata
Un bambino sulla carreggiata dice a un amico di voler fare l'astronauta
Io sorrido e continuo per la mia strada
Poi mi chiedo il motivo di un obiettivo così popolare
Forse non sta nell'astronave, ma nel fatto che l'arrivo su un nuovo pianeta
È una di quelle cose che un bambino è sicuro di saper già fare

E conto gli alberi nel viale mentre il maestrale
Tende ad avanzare, a danzare un valzer
Tra le tende damascate sparse come chiazze
Sopra le grate ormai dorate più arse del davanzale
Ed il passo finale si infonde sulle luci chiare
In un informe filare che resta senza fiale e formule, ma con le ore
Corrompe il colore con le ombre delle colonie delle colombe nelle colonne

E ci basta non tornare indietro
E ci bastano le velleità
Un gabbiano sale sulla metro
Ha un vestito di trent'anni fa
Con lo sguardo perso verso il vetro
Per ritoccare quello che non va
Nello zaino uno scrittore greco
Piega il grembiule col logo del bar

A me basta tornare indietro
E la tensione è massima quando una donna
Scuoia la suola della scarpa nuova dentro una scuola di danza classica
E poi ha l'appuntamento fisso per fumare
Con le altre sulle scale di servizio nell'ora di pausa
Questo causa i miei sogni muti
In cui invidio un mozzicone che muore senza dramma tra cicche e rifiuti
Perché ha sfiorato quelle labbra per cinque minuti

Le altre sono inutili e mi sento Lucullo, sazio del tuo collo ricurvo
Spazio del mio luogo di culto
Che nel gruppo dei veleni il tuo porta al momento ultimo
Unendo il concetto di venire punto e di essere punto
E torni a casa con il busto e le gambe che non si muovono, quasi svenuta
Di questo passo farai sesso da seduta, che sia in braccio al tuo uomo
Oppure che tu sia nuda sul letto dello psicologo

Con l'affetto, sai, bisogna stare attenti
Prendere impegni senza rimorsi perché spesso i divorzi sono senza ritegni
E una bambina è una pallina a una partita di tennis
A rimbalzar da un genitore all'altro e magari a pranzo
Uno ti compra il pane e l'altro il cioccolato, così non ti riesci mai a saziare
Ma impari a cucinare prima di ogni tuo coetaneo, è scontato

E ci basta non tornare indietro
E ci bastano le velleità
Un gabbiano sale sulla metro
Ha un vestito di trent'anni fa
Con lo sguardo perso verso il vetro
Per ritoccare quello che non va
Nello zaino uno scrittore greco
Piega il grembiule col logo del bar

Stare insieme alla fine è uno scambio
Un uomo deve prendere le cose dal ripiano più alto
E dico che se le cose appartengono al mondo astratto
Vincerà chi ha più tatto e sono io che non ci arrivo
Quindi alzo le maniche, sfrego le mani e
Poco dopo frego le fragole dal tuo giardino
Per sentire l'affetto con cui le curi ed esserne investito
Per capirlo, coprirlo ed esserne il vestito

Perdendo il respiro se mi ascolti
Se mi parli come quando è stallo nei raccordi
Io coi capelli bagnati, tu raccolti
A dimostrarti un passo avanti con il capo anche nel campo dei rapporti
E nei racconti ti sento cambiata
Come la tua casa, ho preso un Long Island, tu hai preso un po' d'aria
Perché all'entrata una foto di tuo padre, penso spontanea
Ha fatto del tuo volto la Mesopotamia

E sei l'unica in sala, isolata
Coi tratti da isolana, lì che piangi mentre mangi l'insalata
E so che spesso ti capita, ma il meglio lo devi trarre
Sia provenga dal male sia dalle disparità
Che in pratica il senso di libertà di un gabbiano
Sta nel saper volare sia sul mare sia sulla discarica
Corallo

Tanto poi più che, che adesso non possiamo parlare
In realtà, di poesia come di merce
Cioè io produco, tu dici, ed è vero
Ma produco una merce che è in realtà inconsumabile, quindi i consumatori
C'è un rapporto strano fra me e i consumatori
Ammetti che a un certo punto in Lombardia
Viene un certo tipo il quale inventa un paio di scarpe che non si consumeranno mai più
E una, e un'industria milanese costruisca queste scarpe

Pensa alla rivoluzione che succederebbe nella, nella Valle Padana
Almeno, almeno nel settore dei calzaturifici
Cioè io, io produco una merce che dovrebbe essere la poesia che è inconsumabile
Morirò io, morirà il mio editore, moriremo tutti noi, morirà tutta la nostra società
Morirà il capitalismo, ma la poesia resterà inconsumata



Credits
Writer(s): Carlo Corallo
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