Autobiografia industriale
Il primo giorno
Che ho messo un piede alla EMI
Mi hanno guardato
Sembravano tutti un po' scemi
Qualcuno diceva
Che ero forse il garzone del bar
Che aveva lasciato il caffè sulle scale
Qualcuno diceva
Che non ero normale
Qualcuno rideva, rideva
Il direttore
Una strana espressione sul viso
Fece una smorfia
Che oggi voglio chiamare sorriso
E mi introdusse
Nel suo studio di uomo arrivato
Mi parlò di arcipelago o gulag
E mi disse: "Io penso
Che oggi sia molto giusto assentire al dissenso
Al dissenso"
Autobiografia industriale
Viva l'amore con l'industria culturale
Amore erotico e soddisfacente
Ma in definitiva
Un po' troppo esauriente
L'arrangiatore
Dopo avermi ascoltato un pochino
Disse: "Non male
È simpatico quel valzerino"
"Io ci vedrei
Sopra un primo e un secondo violino
E una viola che piange da sola
Perché no, una pianola
Qualche cosa che prenda
E che stringa alla gola, alla gola"
Il tecnico audio
Mi squadrò con un ghigno feroce
Ma il peggio è stato
Quando ho fatto sentire la voce
Così piena di ragni, di granchi, di rane
E altre cose un po' strane
Una voce dal regno dei più
O da festival del sottosuolo
Una voce oltretutto
Che mi accompagnavo da solo
Autobiografia industriale
Viva le tette dell'industria culturale
Tette opulente e dissetanti
Ma in definitiva un po' troppo pesanti
Io a quel tempo
Stavo ancora aspettando Godot
Cioè aspettavo la morte
Per poter dire: "Rinascerò"
Fatto diverso
Collegato d'amore alle masse
Più cultura, più lotta di classe
Ma Godot non è mai arrivato
Si fa le cose sue
Ed è meglio così, certo
Per tutti e due
Come prodotto
Non sono riuscito un granchè
Vendono certo
Molto più Jagermeister di me
Ma lo confesso
Questo in fondo è un piacere da poco
E non prova che sono diverso
Seriamente diverso
Com'è amaro il tuo calice, vita
Com'è amaro il tuo gioco
Autobiografia industriale
Cioè come il latte dell'industria culturale
Un latte amaro, molto indigesto
Ma soprattutto un po' troppo caro
La confezione
Con il marchio di verginità
L'hanno affidata
A un fotografo di qualità
Che in verità
Al vedermi, rimase perplesso
Con quella faccia da fesso
Potrei fotografarlo
Solamente in un cesso, magari
Con un po' di velluto rosso
Il primo giorno
Che ho messo un piede alla EMI
Mi hanno guardato
Sembravano tutti un po' scemi
Ma oggi ho capito
Che di tutti, il più scemo ero io
L'unico che si prendeva sul serio
E restava anche male
Un incrocio terribile insomma
Tra un coglione ed un criminale
Autobiografia industriale
Come inserirsi nell'industria culturale
Cioè come possono gli intellettuali
Dare una mano
Per mantenere sempre gli stessi rapporti sociali
Che ho messo un piede alla EMI
Mi hanno guardato
Sembravano tutti un po' scemi
Qualcuno diceva
Che ero forse il garzone del bar
Che aveva lasciato il caffè sulle scale
Qualcuno diceva
Che non ero normale
Qualcuno rideva, rideva
Il direttore
Una strana espressione sul viso
Fece una smorfia
Che oggi voglio chiamare sorriso
E mi introdusse
Nel suo studio di uomo arrivato
Mi parlò di arcipelago o gulag
E mi disse: "Io penso
Che oggi sia molto giusto assentire al dissenso
Al dissenso"
Autobiografia industriale
Viva l'amore con l'industria culturale
Amore erotico e soddisfacente
Ma in definitiva
Un po' troppo esauriente
L'arrangiatore
Dopo avermi ascoltato un pochino
Disse: "Non male
È simpatico quel valzerino"
"Io ci vedrei
Sopra un primo e un secondo violino
E una viola che piange da sola
Perché no, una pianola
Qualche cosa che prenda
E che stringa alla gola, alla gola"
Il tecnico audio
Mi squadrò con un ghigno feroce
Ma il peggio è stato
Quando ho fatto sentire la voce
Così piena di ragni, di granchi, di rane
E altre cose un po' strane
Una voce dal regno dei più
O da festival del sottosuolo
Una voce oltretutto
Che mi accompagnavo da solo
Autobiografia industriale
Viva le tette dell'industria culturale
Tette opulente e dissetanti
Ma in definitiva un po' troppo pesanti
Io a quel tempo
Stavo ancora aspettando Godot
Cioè aspettavo la morte
Per poter dire: "Rinascerò"
Fatto diverso
Collegato d'amore alle masse
Più cultura, più lotta di classe
Ma Godot non è mai arrivato
Si fa le cose sue
Ed è meglio così, certo
Per tutti e due
Come prodotto
Non sono riuscito un granchè
Vendono certo
Molto più Jagermeister di me
Ma lo confesso
Questo in fondo è un piacere da poco
E non prova che sono diverso
Seriamente diverso
Com'è amaro il tuo calice, vita
Com'è amaro il tuo gioco
Autobiografia industriale
Cioè come il latte dell'industria culturale
Un latte amaro, molto indigesto
Ma soprattutto un po' troppo caro
La confezione
Con il marchio di verginità
L'hanno affidata
A un fotografo di qualità
Che in verità
Al vedermi, rimase perplesso
Con quella faccia da fesso
Potrei fotografarlo
Solamente in un cesso, magari
Con un po' di velluto rosso
Il primo giorno
Che ho messo un piede alla EMI
Mi hanno guardato
Sembravano tutti un po' scemi
Ma oggi ho capito
Che di tutti, il più scemo ero io
L'unico che si prendeva sul serio
E restava anche male
Un incrocio terribile insomma
Tra un coglione ed un criminale
Autobiografia industriale
Come inserirsi nell'industria culturale
Cioè come possono gli intellettuali
Dare una mano
Per mantenere sempre gli stessi rapporti sociali
Credits
Writer(s): Claudio Lolli
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