Amalgamando
Circondato da colossi severi inerme giaccio
In una camera di ghiaccio da cui osservo il mutamento
Del mio ego ed un continuo uragano mi porta in braccio
Miscelando idee ribelli ma ad un tratto m'accontento
Di una vita serena ma senza essenza
Perché la cupa catena del caduco minaccia la mia esistenza
Scendo spesso a compromesso col mio eccesso
Almeno a volte mi è concesso poter essere me stesso
Sentirò un pensiero introverso, ora mi coglie sulla soglia
Di un sentiero connesso dentro il mio fato oppur che dir si voglia
Sussulta il peso di una foglia e mi alleno lo stesso
Ora se accarezzo questa quercia me ne cade un pezzo
Tocco l'ingresso, è una cripta verso l'anima
Che rianima una parte di me che io avevo perso
Sommerso di debiti a me stesso la pago un sesterzo
Ed un banale scherzo riesce a rendermi disperso
In un oceano ma diverso anzichè quello in cui riverso
Contemplavo ignavo il favo di vespe su di me asperso
Attraverso fasi alterne in cui perverso taccio
Sulle controversie da introverso che con gran dolore abbraccio
Schiaccio la fuliggine che origina sulle calcagna
Mi distanzio da chi è soppresso dalla pressione e sbaglia
Io sparpaglio idee, loro poi lo faranno con me
Ricambi tattici e rammarici parlano da sé
Tra caleidoscopi di diverse prospettive
Istrionico mi districo poichè temo i giudizi
Titillano papille le mie mille idee nocive
Come spille le pupille testimoni dei miei vizi
Corruzioni evitate forzando quegli armistizi
I quali mi danno gli indizi necessari a chiedere indennizzi
Ma è dagli inizi che scambio i miei vizi capitali
Con dei capitali di moralità agli occipitali
È un equilibrio precario che s'è venuto a creare
In assoluto non ho mai voluto il mio mercanteggiare quotidiano
Con lancette da lontano osservo il volo di un gabbiano
Che si ciba degli scarti dell'essere umano
Non esiste immagine migliore dell'amalgama perverso
A cui è costretto l'universo in un rancore mai sopito
E insieme a tutto il mondo emerso il mio destino non diverso
Accompagna me attraverso i miei pensieri ormai esauriti
Miti che mi decostruisco, costumi d'intelligenza
Questa negligenza è sentenza di un essere parziale
Non iniziare a corroborare è sintomo di assenza
Senza la quale io non capisco la scienza di amare
Non abbandonare la speranza è il primo passo per la mia ascensione
Muto la mia vita tra le spire di Giunone
Stilnovista in una celestial visione la idealizzo
L'indirizzo della mia ragione si perde nel pizzo
Mischio diverse motivazioni e ragiono all'inizio
Raggi di sole che mi riscaldano all'ombra del vischio
Libero una leggerezza che appesantisce le viscere
Sto dividendomi tra addendi e delle bisce
Sono colui che costruisce e ambisce mentre appassisce
Il mio dualismo mi lenisce e annichilisce
Mentre striscio tra le bische, formulo le conquiste
Mescendo tutte quante queste parti tra chi ripartisce
In una camera di ghiaccio da cui osservo il mutamento
Del mio ego ed un continuo uragano mi porta in braccio
Miscelando idee ribelli ma ad un tratto m'accontento
Di una vita serena ma senza essenza
Perché la cupa catena del caduco minaccia la mia esistenza
Scendo spesso a compromesso col mio eccesso
Almeno a volte mi è concesso poter essere me stesso
Sentirò un pensiero introverso, ora mi coglie sulla soglia
Di un sentiero connesso dentro il mio fato oppur che dir si voglia
Sussulta il peso di una foglia e mi alleno lo stesso
Ora se accarezzo questa quercia me ne cade un pezzo
Tocco l'ingresso, è una cripta verso l'anima
Che rianima una parte di me che io avevo perso
Sommerso di debiti a me stesso la pago un sesterzo
Ed un banale scherzo riesce a rendermi disperso
In un oceano ma diverso anzichè quello in cui riverso
Contemplavo ignavo il favo di vespe su di me asperso
Attraverso fasi alterne in cui perverso taccio
Sulle controversie da introverso che con gran dolore abbraccio
Schiaccio la fuliggine che origina sulle calcagna
Mi distanzio da chi è soppresso dalla pressione e sbaglia
Io sparpaglio idee, loro poi lo faranno con me
Ricambi tattici e rammarici parlano da sé
Tra caleidoscopi di diverse prospettive
Istrionico mi districo poichè temo i giudizi
Titillano papille le mie mille idee nocive
Come spille le pupille testimoni dei miei vizi
Corruzioni evitate forzando quegli armistizi
I quali mi danno gli indizi necessari a chiedere indennizzi
Ma è dagli inizi che scambio i miei vizi capitali
Con dei capitali di moralità agli occipitali
È un equilibrio precario che s'è venuto a creare
In assoluto non ho mai voluto il mio mercanteggiare quotidiano
Con lancette da lontano osservo il volo di un gabbiano
Che si ciba degli scarti dell'essere umano
Non esiste immagine migliore dell'amalgama perverso
A cui è costretto l'universo in un rancore mai sopito
E insieme a tutto il mondo emerso il mio destino non diverso
Accompagna me attraverso i miei pensieri ormai esauriti
Miti che mi decostruisco, costumi d'intelligenza
Questa negligenza è sentenza di un essere parziale
Non iniziare a corroborare è sintomo di assenza
Senza la quale io non capisco la scienza di amare
Non abbandonare la speranza è il primo passo per la mia ascensione
Muto la mia vita tra le spire di Giunone
Stilnovista in una celestial visione la idealizzo
L'indirizzo della mia ragione si perde nel pizzo
Mischio diverse motivazioni e ragiono all'inizio
Raggi di sole che mi riscaldano all'ombra del vischio
Libero una leggerezza che appesantisce le viscere
Sto dividendomi tra addendi e delle bisce
Sono colui che costruisce e ambisce mentre appassisce
Il mio dualismo mi lenisce e annichilisce
Mentre striscio tra le bische, formulo le conquiste
Mescendo tutte quante queste parti tra chi ripartisce
Credits
Writer(s): Alessandro Berti, Anthony Gatto
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