Il beat come anestetico
C'ho l'umore che fa il bunjee dallo stomaco alla gola e ritorno, cerco un punto da osservare e resto fermo, come Han Solo nel mio blocco di grafite aspetto la salvezza, combattendo una pigrizia travestita da stanchezza mi ritrovo a far la spola tra la tele e il frigo... Come un automa non dirigo i passi, ma se me lo dico scopro che posso ancora controllarmi, ma per poco e corro il rischio di bloccarmi. L'estate sta iniziando, un anno se ne va e son già grande, ho superato il quarto un anno fa e porto ancora i segni addosso: volavo come un fesso in galleria quando un guard-rail m'ha dato un morso e così sia... La sfida è aperta e il tempo è il giudice imparziale, la posta in gioco aumenta quando giochi male e qui non c'è Mike Bongiorno a darti un premio quando azzecchi le parole, ma scopri che puoi stare bene uguale. E se la mente vuole già lo sai la lingua che può fare, magari anche il solletico... E se la testa dopo un po' fa male c'ho il rimedio pronto ed uso il beat come anestetico.
Col beat in circolo - miracolo! - supero ogni ostacolo di slancio, nel mio abitacolo sfreccio avanti al gruppo come Fangio e non mi puoi fermare: scarto gli assi e faccio yathzee tutto in tre manovre, sta a guardare... Hai visto, o eri distratto dalla punta del tuo naso che si muove più di te, povero illuso: ti menti e cerchi scuse alla tua stasi insana, e te le inventi se non te ne viene in mente neanche una buona. Tu senti come suona il beat ma non lo ascolti mai, ti credi la persona che non sei: fatti tuoi e di chi ti sta accanto, finchè puoi dare prendi e per me non duri tanto... Ti offendi? Scusa, ma sei un amico e con gli amici non si abusa se non a fin di bene, quindi muovi il culo e la mente lo accompagnerà, o sta sicuro di restare solo, anzi a metà, diviso dalla tua vera essenza da uno specchio che più parlo e più s'appanna... L'apparenza inganna e il tempo che tu passi a contemplarla non torna, l'hai perso. Eri troppo preso dal sound-check del tuo complesso e lui è passato, t'avevo avvertito e non mi hai ascoltato, ma almeno un passo è fatto e se brucia la sconfitta fanne un altro e segui il beat...
Usando il beat frammento il tempo, lui dice che è continuo e io lo quantizzo, e se sto preso bene lo rallento: lo analizzo mentre vola e riguardo alla moviola quel che è stato - è dai tempi della scuola che ho capito che l'avrei domato. Lo spacco in quarti, poi lo rimonto, è come il Lego: più pezzi ho più sono allegro. Ma già lo so che questo gioco prima o dopo finisce, e il tempo tira avanti e non capisce: lui si espande come un buco nero tanto grande da inghiottirti vivo se non ci stai attento, e più si accumula più è tardi e se adesso non mi sbrigo corro il rischio di cascarci dentro, ora mi spiego: rimando, non mi alleno e aspetto il giorno della gara con le mani in mano. e in tasca c'ho la testa che mi pulsa di un dolore isterico ed uso il beat come anestetico...
Col beat in circolo - miracolo! - supero ogni ostacolo di slancio, nel mio abitacolo sfreccio avanti al gruppo come Fangio e non mi puoi fermare: scarto gli assi e faccio yathzee tutto in tre manovre, sta a guardare... Hai visto, o eri distratto dalla punta del tuo naso che si muove più di te, povero illuso: ti menti e cerchi scuse alla tua stasi insana, e te le inventi se non te ne viene in mente neanche una buona. Tu senti come suona il beat ma non lo ascolti mai, ti credi la persona che non sei: fatti tuoi e di chi ti sta accanto, finchè puoi dare prendi e per me non duri tanto... Ti offendi? Scusa, ma sei un amico e con gli amici non si abusa se non a fin di bene, quindi muovi il culo e la mente lo accompagnerà, o sta sicuro di restare solo, anzi a metà, diviso dalla tua vera essenza da uno specchio che più parlo e più s'appanna... L'apparenza inganna e il tempo che tu passi a contemplarla non torna, l'hai perso. Eri troppo preso dal sound-check del tuo complesso e lui è passato, t'avevo avvertito e non mi hai ascoltato, ma almeno un passo è fatto e se brucia la sconfitta fanne un altro e segui il beat...
Usando il beat frammento il tempo, lui dice che è continuo e io lo quantizzo, e se sto preso bene lo rallento: lo analizzo mentre vola e riguardo alla moviola quel che è stato - è dai tempi della scuola che ho capito che l'avrei domato. Lo spacco in quarti, poi lo rimonto, è come il Lego: più pezzi ho più sono allegro. Ma già lo so che questo gioco prima o dopo finisce, e il tempo tira avanti e non capisce: lui si espande come un buco nero tanto grande da inghiottirti vivo se non ci stai attento, e più si accumula più è tardi e se adesso non mi sbrigo corro il rischio di cascarci dentro, ora mi spiego: rimando, non mi alleno e aspetto il giorno della gara con le mani in mano. e in tasca c'ho la testa che mi pulsa di un dolore isterico ed uso il beat come anestetico...
Credits
Writer(s): Francesco Di Gesu', Giulia Puzzo, Sebastiano Ruocco
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