Esodo
Terra d'Egitto senza frontiere
Affondo ancora nella tua sabbia
Già circondato da mille bandiere
Tra cui è nascosta l'antica rabbia
Rabbia di padre scomparso nel nulla
Rabbia di figlio che non vuol restare
Rabbia di madre che spinge la culla
E il cigolìo mi porta a sognare
Sognare di tutto, di streghe, di fate
Di sogni smarriti, di vecchi castelli
Di miti, di eroi, di sere d'estate
Di volti riflessi da chiari ruscelli
Ruscelli sinuosi, tra anfratti e dirupi
Consumano lenti le ore di attesa
Piombando sui sassi che suonano cupi
Come a ritmare una tragica resa
Resa di chi ha rinunciato a lottare
Pur di serbare il suo posto al sole
Di chi ha già smesso di camminare
Appesantito da troppe parole
Parole di sempre, tra lingue diverse
Babele non muore, Godot non arriva
Si aspetta il Messia tra attese disperse
Stranieri alla terra, gabbiani alla riva
Riva di fiume chiamato Giordano
Voglio di nuovo guadare il Mar Rosso
Nella speranza di andare lontano
Vedere, ascoltare, sentire che posso
Posso lottare con nani e giganti
Voglio soffrire incontrando un miraggio
Terra promessa, venduta ai mercanti
Mi spingi di nuovo a rimettermi in viaggio
Viaggio infinito attraverso il deserto
Mi invento e trasformo le mani di servo
Non stipulo patti, non voglio esser certo
Di ciò che possiedo o di quel che conservo
Conservo soltanto l'idea di una strada
Antico sentiero che affiora alla mente
Di ciottoli e polvere, strana contrada
Ristretta, tortuosa, di povera gente
Gente e destini che lottano al pozzo
O passano il tempo seduti sul giorno
Pronte a sbranarsi per l'ultimo tozzo
Lasciato da chi ha preferito il ritorno
Ritorno di comodo al grembo di madre
Al caldo tepore del vecchio camino
Che ha visto e asciugato il sudore del padre
Già curvo negli anni, e di nuovo bambino
Bambino iraniano, iracheno o afgano
Cresciuto per forza, per gioco, per niente
Quel mitra e quel fiore che nacquero in mano
Non ti hanno salvato da quella corrente
Corrente di morte, di guerre e santoni
Di traffici d'armi, di gente straniera
Di sciocche promesse, profeti, stregoni
Son stanco e mi fermo al calar della sera
Sera di stelle... i tuoi occhi lucenti
Mi fanno capire che non è destino
Morire di noia, di freddo, di stenti
Ma intanto è già l'alba... e riprendo il cammino
Affondo ancora nella tua sabbia
Già circondato da mille bandiere
Tra cui è nascosta l'antica rabbia
Rabbia di padre scomparso nel nulla
Rabbia di figlio che non vuol restare
Rabbia di madre che spinge la culla
E il cigolìo mi porta a sognare
Sognare di tutto, di streghe, di fate
Di sogni smarriti, di vecchi castelli
Di miti, di eroi, di sere d'estate
Di volti riflessi da chiari ruscelli
Ruscelli sinuosi, tra anfratti e dirupi
Consumano lenti le ore di attesa
Piombando sui sassi che suonano cupi
Come a ritmare una tragica resa
Resa di chi ha rinunciato a lottare
Pur di serbare il suo posto al sole
Di chi ha già smesso di camminare
Appesantito da troppe parole
Parole di sempre, tra lingue diverse
Babele non muore, Godot non arriva
Si aspetta il Messia tra attese disperse
Stranieri alla terra, gabbiani alla riva
Riva di fiume chiamato Giordano
Voglio di nuovo guadare il Mar Rosso
Nella speranza di andare lontano
Vedere, ascoltare, sentire che posso
Posso lottare con nani e giganti
Voglio soffrire incontrando un miraggio
Terra promessa, venduta ai mercanti
Mi spingi di nuovo a rimettermi in viaggio
Viaggio infinito attraverso il deserto
Mi invento e trasformo le mani di servo
Non stipulo patti, non voglio esser certo
Di ciò che possiedo o di quel che conservo
Conservo soltanto l'idea di una strada
Antico sentiero che affiora alla mente
Di ciottoli e polvere, strana contrada
Ristretta, tortuosa, di povera gente
Gente e destini che lottano al pozzo
O passano il tempo seduti sul giorno
Pronte a sbranarsi per l'ultimo tozzo
Lasciato da chi ha preferito il ritorno
Ritorno di comodo al grembo di madre
Al caldo tepore del vecchio camino
Che ha visto e asciugato il sudore del padre
Già curvo negli anni, e di nuovo bambino
Bambino iraniano, iracheno o afgano
Cresciuto per forza, per gioco, per niente
Quel mitra e quel fiore che nacquero in mano
Non ti hanno salvato da quella corrente
Corrente di morte, di guerre e santoni
Di traffici d'armi, di gente straniera
Di sciocche promesse, profeti, stregoni
Son stanco e mi fermo al calar della sera
Sera di stelle... i tuoi occhi lucenti
Mi fanno capire che non è destino
Morire di noia, di freddo, di stenti
Ma intanto è già l'alba... e riprendo il cammino
Credits
Writer(s): Giovanni De Vita
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